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graffitari... ATM, curiosi di sapere chi sono?

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stefralusi
view post Posted on 1/7/2006, 09:49 by: stefralusi






Scontro in comune sui graffitari

1-July-2006 8:30

Milano si spacca sui graffiti
Scontro in giunta tra Moratti e Sgarbi.
Di Fabio Poletti.

MILANO. Artisti da incoraggiare o vandali da perseguire? Tutta da capire la politica del Comune di Milano verso i writers, i graffitari che non si fermano davanti ad alcun muro. Il sindaco lady di ferro Letizia Moratti è per la tolleranza zero: «Ci vogliono pene più severe a livello nazionale e misure più rigorose a livello locale per chi sporca e danneggia la città». Silvio Berlusconi, il consigliere più votato a Milano, lo ha ribadito anche due sere fa a Palazzo Marino: «Togliere i graffiti darebbe una ventata di pulizia e civiltà che tutti i milanesi accoglierebbero con piacere. Quei brutti ghirigori che imbrattano le case vanno cancellati». Ignazio La Russa, il colonnello di An in città la pensa allo stesso modo: «Abbiamo chiesto che il problema dei graffiti sia fra gli impegni dei primi cento giorni di governo del sindaco». Nel programma di Letizia Moratti, la promessa c’è: «Realizzare in breve tempo un piano per l’eliminazione dei graffiti sui muri».

Ma nel centrodestra non tutti sembrano convinti. A partire da Vittorio Sgarbi, il neoassessore alla Cultura che si schiera contro Letizia Moratti e Silvio Berlusconi: «Ci sono forme di creatività che sono espresse in modo irrituale e non nello spazio chiuso di una galleria». Il più televisivo critico d’arte italiano è d’accordo nel non concedere spazio a chi imbratta monumenti, edifici di prestigio, opere architettoniche importanti, ma in nome del libero ingegno non se la sente di sposare una politica di tolleranza zero: «Non sono un nemico dei graffiti. Ci sono certe periferie milanesi che sono peggio delle favelas. Se vengono colorate non possono che migliorare. Poi penso ai vagoni della metropolitana: potrebbero essere uno spazio privilegiato ed ideale perché i writers possano esprimere la loro creatività». Le riflessioni dell’assessore Sgarbi sembrano destinate a far discutere.

Ma nel centrodestra non tutti la pensano come il sindaco o il Cavaliere. Anche l’ex assessore alla Pubblica istruzione della Provincia di Milano Paola Frassinetti, oggi deputato di An, assicura di aver tentato qualche apertura: «I graffitari non sono da criminalizzare. Il problema è la regolamentazione. Penso a spazi concordati in ogni scuola. Oppure a quelle brutte strutture che coprono lavori in corso e che oggi sono coperte da pannelli pubblicitari. Molto meglio lasciare che quegli spazi siano coperti da graffiti colorati».

Una politica di riduzione del danno, piuttosto che un incoraggiamento agli artisti che disegnano sui muri sono scelte che hanno diviso altre amministrazioni comunali. Ad esempio New York dove i writers sono nati più di trenta anni fa. Il sindaco Michael Bloomberg solo pochi mesi fa aveva imposto il divieto a tutti i minori di 21 anni di girare in città «armati» di bombolette spray o pennarelli giganti. Il primo maggio, un giudice ha imposto il ritiro del provvedimento per due validi motivi: prima di tutto perché era incostituzionale e poi per «non violare il diritto d’artista. Fra quanti disegnano sui muri o su una carrozza della metropolitana potrebbe nascondersi un talento sconosciuto». Una motivazione coraggiosa che convince un esperto d’arte come Vittorio Sgarbi: «La cultura graffitista ha dei prodromi importanti in artisti come Sebastian Matta o in Wilfred Lam, il più grande pittore cubano». Convincerà anche la neonata Associazione Nazionale Anti Graffiti presentata a Milano pochi mesi fa dal riconfermato vicesindaco di An Riccardo De Corato?

In Parlamento ci sono tre proposte di legge per combattere chi «imbratta » i muri. I progetti hanno molti elementi in comune: prevedono pene severe fino alla reclusione e la costituzione di Vandal squad, gruppi di agenti di polizia municipale impegnati nella repressione del fenomeno. Anche a Milano se ne discute da tempo. Adesso pure nel centrodestra che sull’argomento appare diviso. Vittorio Sgarbi, assessore alla Cultura, insiste: «Dico no a chi imbratta i monumenti ma no anche ai ghetti per chi disegna graffiti. A San Paolo, città gemellata con Milano, ho visto una casa che sembrava realizzata da Gaudì tanto era bella. E poi nel ‘77 ricordo un’opera di Pomodoro a Bologna, ricoperta di graffiti. Sembrava il totem di una tribù indiana. Era molto più bello così che nell’originale».

MILANO «La creatività non si cancella» «Discutiamone».

Dopo aver temuto il peggio - «Adesso che il sindaco si chiama Letizia Moratti ci aspettano anni di oscurantismo» - AirOne si mette alla finestra a guardare quali saranno le politiche antigraffiti della nuova giunta di Milano. Il sindaco Moratti è per il pugno di ferro, l’assessore alla Cultura Sgarbi vorrebbe riconoscere la vostra creatività a patto che non siano deturpati i palazzi storici... «Io dico discutiamone. Anche noi writers siamo contro chi deturpa i monumenti. Ma la repressione è servita solo a rendere difficile la vita a chi fa “pezzi” artistici per cui ci vogliono ore... Il ragazzino che fa la firma su un muro e poi scappa non lo ferma nessuno».

Sareste disposti ad esibirvi in spazi concordati? «Noi vogliamo avere la possibilità di esprimere la nostra creatività. Sono appena tornato da Pitti Uomo a Firenze dove mi sono esibito insieme ad alcuni writers americani. C’è sempre una grande contraddizione quando si parla di noi».

L’assessore Sgarbi pensa di «lasciarvi» le periferie o la metropolitana? «A Napoli, d’accordo con il Comune, ho lavorato su alcuni vagoni della Circumvesuviana. Qualcuno, anche tra di noi, ha avuto da dire. Ma io sono per sfruttare ogni possibilità che ci viene data. Il muro contro muro e i fondamentalismi non servono. Quanto alla metropolitana di Milano, si sa che è uno dei nostri sogni da sempre».

Quindi se ci fosse un tavolo di trattativa con il Comune... «Facciamolo. Discutiamo. Se l’assessore vuole noi siamo pronti. Senza dialogo non si va da nessuna parte».




Milano: piano antigraffiti. I giudici: pene più severe
Sono 40 mila i palazzi privati imbrattati dai writers. «Questa battaglia si vince eliminando in continuazione le scritte dalle case»
Vivimilano - 30.6.2006


Di Annachiara Sacchi

L’idea: «Meno utili, più servizi». Ovvero, usare gli attivi dell’Amsa per pulire 40 mila palazzi da graffiti, scritte, scarabocchi. Gratuitamente. Senza spese per i milanesi. «Siamo un’azienda pubblica, investiamo a favore della collettività». La proposta, dopo l’intervento del sindaco Letizia Moratti al forum del Corriere della Sera («Sui graffiti interverrò a più livelli»), arriva dal neoassessore al Decoro Urbano di An, Maurizio Cadeo. «L’Amsa — dice — ha sempre fatto ottime proposte, ma non è riuscita a spezzare il circolo vizioso del degrado. Questa battaglia si vince solo continuando a eliminare le scritte. Gli utili? Arriveranno con gli abbonamenti successivi alla prima pulitura». Il progetto, sostenuto dal sindaco, sarà presentato nei prossimi giorni. Punto di forza, i risultati ottenuti con il milione di euro dell’ultima finanziaria: oltre centomila metri quadrati di palazzi privati ripuliti da tag e un tasso di «risporcamento» pari allo 0,48 per cento. «E ora — annuncia il neoassessore — faremo di più».
È iniziata la guerra contro i writers, giovani che costano all’Amsa oltre due milioni di euro all’anno e che, si lamentano gli amministratori di condominio, sporcano in dodici mesi almeno diecimila palazzi «rimanendo impuniti». Temi su cui il sindaco Moratti è stata chiara: «Proporrò a Romano Prodi una legge che preveda sanzione più severe per chi imbratta». Interviene anche l’onorevole di An, Ignazio La Russa: «Temo che questo governo rimarrà sordo alle esigenze di Milano. Ne parlerò con il ministro Di Pietro, forse il più attento a certe questioni». Marilena Adamo, capogruppo dell’Ulivo in consiglio comunale, sbuffa: «Non possono tirare in ballo il governo tutte le volte che c’è un problema locale. Una legge speciale per i graffitari non serve, saremmo lo zimbello di tutta Europa. Piuttosto, ho trovato interessante l’idea della Moratti di offrire ai giovani spazi per esprimersi. Se il sindaco procede su questa linea (compresa quella della severità, purché con strumenti "normali"), ci vedrà favorevoli». Che la normativa sugli imbrattamenti rimanga un problema irrisolto, viene confermato da Vito Dattolico, coordinatore dei giudici di pace di Milano. «La legge del 2003 — spiega — prevedeva da 6 a 30 giorni di obbligo domiciliare per gli imbrattatori. Questa interpretazione è stata superata: visto che basta una tinteggiatura per eliminare il danno, la sanzione deve essere minima, dice la Cassazione».
Troppa confusione, insomma. «Purtroppo, fino a oggi — continua Dattolico — è mancata la volontà del legislatore di fermare i graffitari». Pene più severe e controlli della polizia locale. Li chiede il sindaco, li invoca Fabrizio De Pasquale, consigliere comunale di Forza Italia: «Bisogna istituire un nucleo di vigili che faccia indagini sui writers. Finora la persone identificate si contano sulle dita di una mano. Serve una banca dati delle tag e una squadra investigativa. Basterebbe una ventina di vigili». Replica il comandante della polizia locale, Emiliano Bezzon: «Con il sindaco abbiamo fatto una pianificazione sul breve termine. So che ci chiederà molto, ma ci darà anche molto». Anche il presidente di Assoedilizia, Achille Linneo Colombo Clerici, è fiducioso: «Qualcosa si sta muovendo. L’assessore Cadeo ha capito che i graffiti sono un costo sociale, perché danneggiano l’intera città. Anche la proposta del sindaco è da perseguire, sia sulla prevenzione che sulla repressione. Le maglie della legge, finora, sono state troppo larghe».





I fatti di Como, dove anche lì operano moltissimi giovani stranieri cresciuti come dei randagi nelle nicchie ideologiche e culturali

Italia: una vergogna dopo l'altra
"Marco Dianati, il vigile che aveva sparato a Rumesh riducendolo in fin di vita il 29 marzo scorso, è rientrato in servizio senza aver subito nessuna sanzione."
Tratto da La Provincia di qualche giorno fa.


Nessun provvedimento disciplinare da parte del Comune all’agente che ha sparato a Rumesh.

Oggi torna al lavoro Marco Dianati, l’agente di polizia municipale che ha ridotto in fin di vita il 18enne dello Sri Lanka il 29 Marzo scorso. Il rientro è previsto per questa mattina. Nessun provvedimento disciplinare sarebbe stato intrapreso nei suoi confronti. E’ stato un incidente, il Comune aveva venti giorni di tempo ma l’agente se l’è cavata senza alcuna sanzione. Il suo capo, invece, il responsabile del nucleo antiwriter Marco Scarpone, un provvedimento disciplinare lo rischia eccome. Il motivo? L’avere rilasciato un’intervista, l’aver risposto alle domande dei giornalisti che gli chiedevano lumi sull’attività dei suoi uomini e su quanto accadde quel 29 Marzo. Dipanati se l’è cavata invece chiedendo scusa alla famiglia (solo sui giornali, non li ha mai incontrati personalmente n.d.r). C’è sempre l’inchiesta penale in corso e resta da definire il risarcimento che Palazzo Cernezzi (il Comune n.d.r) dovrà versare ai genitori di Rumesh. Per ora gli aiuti economici arrivano solo dall’apposito comitato di solidarietà e da una piccola colletta fatta dai dipendenti Cgil comunali e coordinata da Romano Fasciani, delegato Cgil di Palazzo Cernezzi. Sono stati raccolti 800 euro che saranno consegnati questa mattina, alle 10, nella sala stemmi del Comune, alla mamma del ragazzo. Lei ringrazierà e sarà pure felice per questo piccolo contributo, ma la sua preoccupazione è sempre la salute del figlio. Rumesh sarà operato domani mattina. E’ ricoverato in neurochirurgia al Sant’Anna da lunedì ed è stato sottoposto a una lunga
serie di esami perché la tecnica con la quale gli sarà innestata la protesi nella piccola parte di cranio mancante richiede una precisione millimetrica. “Lo opereranno due miei colleghi specialisti in questo sistema custom made- spiega il primario Angelo Taborelli- il problema non è l’operazione in sé. Il ragazzo dovrà solo stare attento a non cadere perché, ovviamente, se picchia la testa è un bel guaio. Ma i suoi problemi sono altri, sono capire dove può arrivare il recupero”. Taborelli è stato il chirurgo che ha salvato Rumesh. C’era lui la notte in cui il ragazzo è entrato in coma dopo lo sparo. Non sapeva come l’avrebbe ritrovato. Non sapeva se lo avrebbe sentito parlare. Non sapeva se lo avrebbe visto muovere la parte destar del corpo, paralizzata in seguito alle lesioni causate dallo sparo alla parte sinistra del cervello. Ora l’ha visto. Ancora in sedia a rotelle, ma sorridente e non più in lacrime. Ha sentito che parla, anche se non riesce a dire frasi complete. E sa che a Villa Beretta sono certi di poterlo fare camminare presto. Però sa anche che tutto questo è lontano dalla normalità che il ragazzo aveva prima dello sparo.
“Bisogna intendersi su cosa voglia dire miglioramento –dice Taborelli- Se il ragazzo muove il braccio destro di poco non serve a niente. Ma se lo muove fino a arrivare alla bocca, allora potrà mangiare dea solo. E’ a questo che bisogna puntare. Anche se servirà tempo.”
Sabato, alle 18, il gruppo pacifista Giovani Cgil in movimento- fuori dalle mura proporrà al parcheggio dell’ippocastano una biciclettata di protesta contro la riattivazione del Nucleo di Sicurezza.

 
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